Risarcimento del danno bambino malformato

risarcimento danni bambino nato malformatoLa nascita di un neonato malformato ha sempre pesanti ricadute, non solo sulla vita della persona interessata dalla malformazione, ma anche su quella dei familiari che saranno preposti alle cure e all’assistenza continua a vita, e conosceranno – comunque – uno stravolgimento delle proprie abitudini di vita.

La questione è spinosa perché, quindi, a chiedere il risarcimento del danno potrebbe essere, non solo il nato malformato una volta divenuto adulto, ma anche i più vicini parenti, già al momento della nascita o comunque al manifestarsi della malformazione.

Anzi, spesso, se trattasi di malformazioni che investono la sfera psichica del soggetto che ne è investito - che quindi non consentono al nato disabile di manifestare le proprie volontà anche da adulto - sono proprio i familiari di questo a chiedersi se possano agire in giudizio per ottenere ristoro non solo per le loro pretese, ma anche per quelle del nato malformato che ha, in prima persona, subito una compromissione - più o meno grave - delle sue facoltà e della sua qualità di vita.

Non solo, i problemi legati al risarcimento del danno da nascita indesiderata si intrecciano anche con quelli connessi all’accertamento della responsabilità medica.

A volte, la nascita del bambino malformato risulta essere frutto di un errore o di una non tempestiva diagnosi del sanitario che, non informando adeguatamente e prontamente i genitori, non permette alla gestante di esercitare il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza, possibile – a determinate condizioni – entro 90 giorni dal concepimento e, anche dopo tale termine, al verificarsi di altre circostante ben delineate dalla legge sull’interruzione volontaria della gravidanza (pericolo di salute per la madre e/o nascituro).

Insomma, la nascita malformata comporta un effettivo sconvolgimento della vita e dell’equilibrio psicologico di chi è preposto alle cure, oltre che un evidente compromissione della qualità della vita del soggetto che ne è colpito.

Queste problematiche hanno spesso spinto i familiari, e meno frequentemente il concepito, ad avanzare richieste di risarcimento del danno.

Tuttavia, oggi si ritiene che tali richieste possano essere soddisfatte solo in alcuni casi e al ricorso di certe condizioni.

Risarcimento del danno in caso di errore medico o malattia genetica

Diverse sono le problematiche e le soluzioni offerte dalla giurisprudenza in tema di nascita del bambino nato malformato.

Il primo caso legato alla nascita malformata è quello dell’errore medico o della non tempestiva diagnosi del sanitario fatto valere dalla madre, che non ha potuto esercitare il diritto alla interruzione volontaria della gravidanza; diritto che la donna avrebbe legittimamente esercitato alle condizioni previste dalla legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza, se avesse avuto conoscenza della malformazione (dovuta a cause genetiche).

Il secondo caso è quello della lesione (da cui discende la malformazione) provocata dal colpevole comportamento del sanitario, che si è generata durante la gestazione.

Ebbene, nel primo caso, si ritiene ormai quasi pacificamente in giurisprudenza che i genitori possono ottenere il risarcimento del danno da nascita indesiderata qualora provi che – se fosse stata messa al corrente della malformazione – sarebbe ricorsa all’aborto.

Per il secondo caso, invece, cioè quello della lesione provocata dal medico in corso di gravidanza con la sua condotta colpevole e causa della malformazione, questi deve ritenersi responsabile, a meno che non dimostri di aver agito seguendo le linee guida conformi alla specificità del caso concreto o - in mancanza di queste - le buone pratiche clinico-assistenziali.

Non si ritiene invece risarcibile, a favore del nascituro, il cosiddetto danno da procreazione, ossia il danno derivante da una malattia genetica o trasmessa dal genitore all’atto del concepimento. Una volta nato, quindi, il bambino e poi adulto disabile non potrà chiedere il risarcimento del danno né alla madre che non ha interrotto la gravidanza, né al personale sanitario che con il proprio comportamento colposo abbiano impedito l’interruzione della gestazione. Non è riconosciuto, cioè, il “diritto del nascituro a non nascere se non sano”.

Discusso, infine, il caso della malformazione derivante dalla non volontà della madre di sottoporsi durante la gestazione a trattamenti sanitari a favore del benessere del feto. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, non sarebbe mai possibile imporre alla madre un trattamento sanitario; secondo altro orientamento, invece, la libertà di autodeterminazione della donna, in simili casi, dovrebbe bilanciarsi con l’interesse alla salute riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione anche a favore del nascituro.

Assistenza Legale risarcimento bambino malformato 

Stanti le premesse fatte, è possibile oggi – a determinate condizioni da valutare specificatamente in ogni caso – chiedere il risarcimento del danno da nascita indesiderata del malformato, sia nell’ipotesi in cui la malformazione sia dovuta a comportamento colpevole del medico durante la gestazione che ha causato una malformazione, sia nell’ipotesi in cui la donna dimostri che avrebbe validamente esercitato il suo diritto all’interruzione volontaria della gravidanza previsto – a determinate condizioni - dalla legge n. 194 del 1978, qualora fosse stata messa al corrente della malformazione cui sarebbe incorso il nascituro.

Nel primo caso, per l’accertamento della responsabilità del medico, si può attivare sia il processo civile che quello penale.

Sarà comunque sempre solidalmente responsabile anche la struttura sanitaria, pubblica o privata, in cui il medico presta la propria attività.

Il risarcimento del danno potrà essere ottenuto dai genitori anche costituendosi parte civile nel corso del processo penale.

I genitori dovranno fornire comunque prova della condotta colpevole del medico, il cui comportamento durante la gestazione ha provocato la lesione, che è stata poi causa della malformazione.

Si dovrà allegare, dunque, tutta la documentazione medica da cui è possibile desumere l’errore colpevole del medico.

Non solo, si potranno anche presentare delle perizie di parte che dimostrino che il medico, nello svolgimento della sua attività, non si è attenuto alle linee guida conformi alla specificità del caso concreto o – in mancanza di queste – alle buone pratiche clinico-assistenziali.

L'Avvocato di fiducia, saprà dirigere l'attività legale e le perizie medico legali.

Nel caso di malformazione genetica, invece, la madre potrà agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno attivando un processo civile in cui dovrà essere provato che la donna – qualora fosse stata adeguatamente e tempestivamente informata della malformazione cui sarebbe incorso il nascituro – avrebbe esercitato il suo diritto all’interruzione volontaria della gravidanza.

Per provare tale circostanza la donna potrà allegare ogni elemento da cui è possibili desumere tale sua determinazione: il ricorso al consulto medico finalizzato a conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante che la legittimano ad esercitare il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento o – ancora - le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all'opzione abortiva in caso di malformazioni fetali. Sarà, invece, il medico che dovrà provare con ogni elemento a sua disposizione che la donna, anche se avesse conosciuto delle malformazioni fetali cui sarebbe incorso il nascituro, avrebbe comunque portato a termine la gravidanza.

Casistica Giurisprudenziale 

Diverse sono le sentenze che negli anni hanno contribuito a delineare i contorni del risarcimento del danno da nascita indesiderata del malformato. Mancando una disciplina legislativa in materia, infatti, sono state soprattutto le sentenza della Cassazione a delimitare i confini e i presupposti di questa forma di risarcimento del danno.

Si annovera, tra le tante, anzitutto la sentenza n. 16754 del 2 ottobre 2012 con cui la Suprema Corte di Cassazione, sez. III, ha ribadito il principio secondo cui il nascituro è titolare del diritto alla salute, come riconosciuto e tutelato dall’articolo 32 della Costituzione, per cui anche se non può dirsi esistente nel nostro ordinamento un “diritto a non nascere se non sano”, un’eventuale lesione inferta al concepito durate la gestazione, deve comunque trovare ristoro, anche se si manifesta e diviene attuale solo al momento della nascita. E, infatti, chi nasce malato per via di un fatto lesivo ingiusto occorsogli durante il concepimento, non fa valere un diritto alla vita, né un diritto a nascere sano, né un diritto a non nascere, ma fa valere la lesione della sua salute, la cui tutela deve riconoscersi a partire dal momento del concepimento. Nel caso di specie, quindi, è stato riconosciuto il diritto del neonato ad ottenere iure proprio (una volta divenuto adulto e acquisita la capacità giuridica) il risarcimento del danno da nascita malformata causato da errore colpevole del medico, che ha generato la lesione durante la gravidanza e da cui è poi scaturita la malformazione. Il danno causato dalla condotta colpevole del medico, secondo la Corte, consiste nella condizione diversamente abile e nel maggior disagio esistenziale, che il risarcimento concorre a lenire.

Con la stessa sentenza, la Corte ha anche statuito un altro importante principio di diritto: deve riconoscersi ai genitori e ai fratelli e sorelle del neonato la possibilità di ottenere il risarcimento del danno per la responsabilità sanitaria del medico che, richiesto di un accertamento diagnostico circa le eventuali malformazioni genetiche del feto - così da poter la gestante interrompere la gravidanza - ometta di fornire una completa e adeguata informazione in tal senso.

Nello stesso senso si è pronunciata la Cassazione civile, a Sezioni Unite, con sentenza n. 25767 del 2015, con cui ha statuito che: il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l'onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d'interrompere la gravidanza - ricorrendone le condizioni di legge - ove fosse stata tempestivamente ed adeguatamente informata della malformazione fetale allegando elementi di prova quali: il ricorso al consulto medico finalizzato proprio a conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante che giustificano la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria delle gravidanza e le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all'opzione abortiva.

Tuttavia, in questo caso, il nato malformato non può agire per il risarcimento del danno, poiché l'ordinamento non conosce il “diritto a non nascere se non sano”, per cui la Cassazione – nel caso di specie - ha riconosciuto ai familiari il risarcimento del danno per non avere la donna potuto ricorrere all’interruzione della gravidanza nel caso di malattia genetica implicante una malformazione, ma non ha riconosciuto – a differenza che per l’errore colpevole del medico che si verifichi durante la gestazione e provochi la malformazione – il diritto per il nato disabile ad ottenere il risarcimento del danno.

Più di recente, con ordinanza della III Sezione, del 25-6-2019 n. 16892, la Corte ha ribadito – in un caso di omessa diagnosi colposa del medico circa la malformazione fetale - che deve riconoscersi il diritto al risarcimento del danno per la madre la quale, se avesse conosciuto tramite gli esami della malformazione del feto e ricorrendone i presupposti di legge, sarebbe ricorsa all’interruzione volontaria della gravidanza.