Avvocato Risarcimento per Diagnosi Errata

tac risarcimento danni errata diagnosiCurarsi è un diritto; è un diritto godere delle prestazioni sanitarie necessarie e finalizzate alla guarigione; perché nessun individuo vorrebbe ammalarsi, nessuno sceglie la malattia, la patologia che affligge emotivamente e fisicamente, e che potrebbe resistere per molto tempo, se non, addirittura, fino agli ultimi giorni di vita del malato. Ma il malato è prima di tutto una persona, non è solo un soggetto da sottoporre a cure, il paziente è un individuo che ha bisogno di supporto e di essere “guidato” nella sua malattia.

Naturalmente si fa riferimento soprattutto a quelle patologie più gravi che potrebbero avere esiti infausti e che necessitano di trattamenti terapeutici specifici e a lungo termine, per cui il medico diventa il principale alleato, la persona sulla quale potere contare per fronteggiare la malattia.

Si tratta di un rapporto basato sulla lealtà e fiducia reciproca, una sorta di alleanza terapeutica, nell’ambito della quale, il paziente è considerato protagonista di ogni fase del percorso terapeutico, in una visione soggettiva della salute.

Alla luce di ciò, al paziente, in quanto persona, viene riconosciuto un diritto all’autodeterminazione terapeutica, in base al quale nessuno può violare l’integrità fisica e psichica dell’individuo; ma, ancora di più ed in senso generale, tale principio vuole esprimere la libertà di decidere del proprio corpo, intesa come una parte essenziale della libertà personale, mentre, in campo biomedico si traduce nel diritto di scegliere se, come, dove e quando curarsi; libertà di scegliere la prestazione sanitaria che,oltre, ad essere appropriata dal punto di vista clinico, deve al contempo essere in linea con le esigenze formulate dal paziente.

Ritardo nella Diagnosi

Pertanto, quando una persona si reca dal medico, sia di fiducia che un medico specialista, ci si aspetta che venga formulata appropriata diagnosi, alla luce della sintomatologia indicata, eseguiti gli opportuni esami e somministrata la dovuta terapia nel tempo giusto, per far si che la malattia eventualmente diagnosticata possa essere curata per tempo ovvero venga alleggerita la condizione patologica. Ma, soprattutto, è necessario che il paziente sia messo nella condizione di poter decidere cosa fare e se accettare o meno il trattamento indicato dal sanitario.

Purtroppo ciò non sempre è possibile, specie quando il medico non formula immediatamente la diagnosi perché trascura o non comprende subito i sintomi del paziente.

Tale ritardo, a prescindere che venga imputato ad una condotta arbitraria da parte dei medici, ad una dimenticanza, ovvero ad un comportamento negligente, ha certamente delle conseguenze, legate prima di tutto alla cura da somministrare, in secondo luogo può incidere anche sul decorso della malattia, con conseguente aggravamento della salute del paziente.

Basti pensare agli effetti nefasti che potrebbero conseguire ad una patologia tumorale non diagnosticata per tempo, effetti che potrebbero spaziare dalla mancata somministrazione della giusta terapia ovvero di cure palliative, o al peggioramento della qualità della vita, ancorché inevitabili, nonché alla morte precoce.

Il ritardo diagnostico, poi, può avere un impatto negativo anche nell’ambito di quello che per ogni donna rappresenta, o dovrebbe rappresentare, uno dei momenti più belli, ossia la gravidanza, la scoperta di portare dentro di sé una nuova vita.

Difatti, questo percorso,in alcuni casi, può nascondere delle insidie dal punto di vista della salute della madre e/o del nascituro, insidie che mettono a dura prova il cuore materno, ma che, talora,altro non sono che il risultato di una condotta medica errata.

È il caso di malformazioni del feto diagnosticate in una fase avanzata della gravidanza o, nelle ipotesi peggiori, omesse e scoperte solo alla nascita, ma che se diagnosticate per tempo, potrebbero indurre la donna ad interrompere la gravidanza.

Avvocato Risarcimento per Diagnosi Errata

Dal punto di vista giuridico, sul medico e/o la struttura sanitaria, in caso di ritardo diagnostico che comporti conseguenze negative per il paziente, si configura responsabilità civile ,e in taluni casi, anche una responsabilità penale (per fare solo un esempio, la condotta omissiva colposa dalla quale sia scaturita la morte del paziente).

Per il medico la responsabilità è fondata su obblighi di protezione in quanto il paziente fa affidamento nei confronti del medico stesso.

Per quanto concerne il paziente, invece, oltre alla violazione del diritto alla salute, costituzionalmente tutelato ex articolo 32 della Costituzione, il ritardo nella diagnosi comporta, altresì, violazione del diritto all’autodeterminazione terapeutica, inteso quale corollario del diritto alla salute, nonché, in senso ampio, lesione della dignità umana, per avere privato l’individuo della possibilità di esercitare il proprio diritto alla libertà personale e di scelta.

Difatti, la tutela alla salute e all’integrità psico-fisica implica, per il paziente, la possibilità di potere decidere liberamente come affrontare la propria malattia, a quale tipo di cura sottoporsi, anche se solo a scopo palliativo e, soprattutto, come fronteggiare i cambiamenti che in pejus incidono sulla qualità di vita e sulle capacità organizzative del paziente stesso.

Tutto ciò perché il dolore e la sofferenza della malattia ove consapevolmente curati e alleviati o non acquisiscono un valore diverso per la persona del malato.

In questi casi, solitamente, il paziente si reca presso lo Studio Legale per conoscere le possibilità di ottenere un risarcimento del danno per malasanità.

Risarcimento del danno da ritardo diagnostico e Malasanità

Il ritardo nella diagnosi di una patologia, specie di patologie oncologiche ad esito infausto, comporta l’insorgenza della responsabilità del medico e legittima il paziente ovvero i suoi congiunti alla richiesta di un risarcimento dei danni conseguenti al suddetto ritardo ed errore con l'aiuto di un Avvocato di fiducia.

Come in tutti casi di risarcimento danni da responsabilità medica, il danneggiato potrà agire citando in giudizio il medico responsabile e anche la struttura sanitaria presso la quale, eventualmente, il medico presta servizio.

A riguardo, il paziente-danneggiato ha l’onere di provare, innanzi tutto, il nesso eziologico tra la condotta colposa dei medici, consistente appunto nella intempestiva diagnosi ovvero nella mancanza dei doverosi approfondimenti diagnostici, e l’evento dannoso, anzi la pluralità di danni che ne scaturiscono.

Infatti, alla luce anche della recente giurisprudenza di legittimità, nonchè della L. 15 marzo 2010, n, 38, La legge, recante “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”- in base alla quale il malato, specie oncologico, può determinarsi nella ricerca di strategie terapeutiche alternative e di indole palliative, anche solo al fine di alleviare le proprie sofferenze- quando al paziente viene impedita, sin dall’inizio della malattia la somministrazione dei farmaci che abbiano come effetto primario quello di evitare o posticipare l’effetto letale, ovvero, di aumentare le chances di guarigione o di miglioramento della vita, al di là del fatto che l’evento morte in tali casi sarebbe inevitabile.

O ancora è negata la possibilità di decidere se accedere o meno a tutte quelle cure palliative che consentono al paziente di potere condurre la propria esistenza affrontando coscientemente e consapevolmente la malattia, accettandone dolore e sofferenza, al fine anche di migliorare psicologicamente la qualità della prospettiva esistenziale, consapevolezza, peraltro che dipende dal grado di conoscenza da parte del paziente circa le sue condizioni, in tutti questi casi il paziente ha diritto ad un risarcimento dei danni, patrimoniali e non.

Nello specifico, con riguardo ai danni non patrimoniali, l’ambito di risarcibilità è più ampia, in quanto il danneggiato, oltre al risarcimento del danno biologico, inteso come violazione dell’integrità psico-fisica, potrà chiedere ristoro per la perdita di chances connesse allo sviluppo, alla durata e all’esito finale della patologia e, quindi, delle scelte di vita che potrebbero o che si sarebbero potute compiere, ed un ulteriore voce di danno, del tutto autonoma, ossia il risarcimento del danno da violazione del diritto di determinarsi liberamente, ossia del diritto all’autodeterminazione terapeuticae, quindi, in termini ancora più generali, della dignità umana, bene di per sé tutelabile autonomamente.

Insomma, ciò che viene riconosciuto e tutelato anche ai fini risarcitori, è la libertà dell’individuo, che deve potere essere messo nelle condizioni di decidere come vivere la malattia che lo affligge e organizzare il suo essere persona anche in funzione di essa, sicchè è sufficiente provarne la violazione a seguito dell’inadempimento del medico-debitore, senza ulteriore allegazione probatoria.

Omessa diagnosi di malformazioni del feto

Lo stesso vale per il risarcimento del danno da nascita indesiderata che ricorre quandola gestante viene privata della possibilità d’interrompere la gravidanza per via dell’omessa diagnosi di malformazioni congenite del feto, implicando per la donna conseguenze sul piano emotivo, in termini di stress e sofferenze psichiche.

Al contrario, i medici convenuti avranno l’onere di provare che l’inadempimento, ossia intempestiva diagnosi, non vi è stato o che eventualmente non ha assunto un’incidenza rilevante, perché l’evento nefasto si sarebbe verificato comunque o perché nessuno approccio terapeutico anteriore e tempestivo o ulteriore non avrebbe modificato in mejus le condizioni di salute ovvero il progredire della malattia.

Valutazione equitativa del risarcimento del danno

Sul piano economico, se per quanto concerne il risarcimento dei danni di natura patrimoniale non vi sono difficoltà, articolato nella sua entità in lucro cessante e danno emergente; per ciò che attiene le voci del danno non patrimoniale, soprattutto con riferimento alla violazione del diritto all’autodeterminazione e, quindi, della dignità umana, quali beni sostanziali autonomamente tutelabili, poiché non sempre è possibile quantificare il danno nel suo preciso ammontare, il giudice potrà ricorrere alla valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., fermo restando che incerto deve essere la valutazione economica del danno non la sua esistenza.

Dunque, il giudice procederà alla quantificazione del risarcimento secondo prudente apprezzamento, tenendo conto del caso concreto, e delle nozioni di comune esperienza.

È così, per esempio, che nel caso di giudizio promosso per il ristoro dei danni derivanti dalla non tempestiva diagnosi di patologia tumorale, bisognerà guardare, intanto, alla tipologia della malattia, al suo progredire e alla fase in cui si trova, specie se trattasi di patologie con esito letale; tenere conto dell’età del paziente, del suo tenore di vita, delle sue condizioni fisiche e psicologiche e della personalità della persona lesa.

Casistica Accertata

Sul ritardo diagnostico e sul risarcimento danno in forma equitativa anche la Cassazione si è pronunciata con diverse sentenze.

Risarcimento Errata diagnosi del Sarcoma

In particolare è intervenuta di recente sul tema con la sentenza n. 10424/2019, in cui viene portata all’attenzione degli Ermellini il caso di una donna deceduta dopo che l’era stato diagnosticato un sarcoma del tessuto muscolare liscio.

Invero, la diagnosi è sopraggiunta in una fase successiva, infatti, come indicato dai prossimi congiunti della donna, quest’ultima si era già sottoposta ad un intervento eseguito in laparotomia di asportazione bilaterale delle ovaie, il cui esito dell’istologico aveva evidenziato l’asportazione di un fibroma benigno.

Ma nei mesi successivi, a causa di dolori pelvici veniva nuovamente sottoposta ad esami che evidenziavano la presenza tumorale ad uno stadio ormai avanzato, conducendo la donna alla morte, che sarebbe potuta essere evitata o, comunque , che sarebbe potuta essere posticipata, offrendo chances di migliore e maggiore sopravvivenza anche in termini di qualità della vita, se la patologia fosse stata diagnosticata per tempo.

In tale occasione, così, la Cassazione smentiva quanto affermato dal Tribunale in primo grado e dalla Corte d’appello dopo, che avevo respinto la domanda risarcitoria sulla base del fatto che non era stato provato in modo sufficiente il nesso tra il ritardo diagnostico e la morte.

Tuttavia non è stata riconosciuta la violazione della libertà individuale, ossia della libertà di autodeterminarsi nella scelta dei percorsi esistenziali, violazione che implica un danno risarcibile in via equitativa.

Errore diagnostico Carcinoma Mammario

La Cassazione si è pronunciata anche in sede penale, nell’ambito della quale il paziente si costituiva parte civile contro i medici accusati di lesioni personali colpose.

In particolare, la Corte riconosce la responsabilità civile, ossia colpa professionale degli imputati nei confronti di una donna alla quale era stato diagnosticato in ritardo un carcinoma mammario, scambiato inizialmente per una cisti la cui asportazione, peraltro, aveva aggravato la neoplasia, comportando una mastectomia radicale e cicli chemioterapici, nonché radioterapici.

Gravidanza Gemellare e Aborto alla 6 settimana

Il diritto al risarcimento autonomo del danno per lesione della libertà di autodeterminazione è stato riconosciuto dalla Cassazione anche nell’ambito della domanda risarcitoria per nascita indesiderata, nella sentenza n. 2070/2018, in cui non si tutela sola la salute della madre, ma anche il danno sofferto per la violazione della libertà di decidere di procreare coscientemente e responsabilmente.

In questo caso la donna aveva chiesto al medico ginecologo di abortire alla sesta settimana di gravidanza per ragioni economiche ma anche psicologiche.

Così viene sottoposta ad intervento, ma a distanza di circa un mese scopre che la gravidanza era proseguita perché i medici non si erano accorti che trattasi di gravidanza gemellare; per cui soltanto un feto era stato eliminato, dalla cui nascita erano derivati gravi danni: danno economico, danno alla salute della madre, danno per violazione della libertà di scegliere se portare o meno avanti la gravidanza.

Risarcimento Malformazioni Fetali non diagnosticate

Sullo stesso tema, il tribunale di Vicenza, con sentenza n. 2677/2019, hacondannato al risarcimento la Casa di cura e i suoi medici per non avere diagnosticato le malformazioni fetali nonostante la morfologica effettuata alla diciannovesima settimana.

Alla nascita infatti venivano riscontrate delle gravi patologia invalidanti dell’83%, ragione per cui i genitori citavano in giudizio la struttura sanitaria e il ginecologo, per averli privati della possibilità di potere optare dell’interruzione della gravidanza, anche alla luce dell’impatto sul piano economico ed esistenziali che la suddetta nascita ha avuto.

Così il Tribunale ha ritenuto di riconoscere il risarcimento dei danni patrimoniali e non, nella misura rispettivamente di euro1.054.495,68 e di euro 430.000,00.

Sclerosi multipla e Ritardo nell’indagine diagnostica

Non solo «una perdita di chance da lesione al diritto alla salute», ma «un danno certo», consistente nella «anticipata perdita delle condizioni psicofisiche di cui la paziente avrebbe potuto godere per un certo intervallo temporale con l’effetto di rallentare i tempi di progressivo naturale avanzare della patologia». Così il Tribunale di Milano ha finalmente nel 2022 finalmente riconosciuto un risarcimento di 830 mila euro in favore di un paziente che non ha avuto una tempestiva e corretta diagnosi di Sclerosi Multipla.

All’esito delle consulenze medico legali è stato riconosciuto «un colpevole ritardo diagnostico» in capo al medico nell’«aver omesso di avviare la 25enne paziente» a visita e esami neurologici, scelta operata dal medico di base perché qualsiasi ulteriore indagine diagnostica le appariva «al momento inopportuna», addirittura «per dubbia simulazione». Ma in questo modo «i 28 mesi di ritardo diagnostico, periodo sottratto alle migliori terapie praticabili, hanno caratterizzato un davvero molto più precoce “salto” di gravità del carico di lesioni portate dalla patologia, facendo “velocizzare” i tempi della perdita di autonomia motoria e della disabilità» che altrimenti sarebbero intervenute «con una latenza quantomeno di un decennio, fino a 20 anni»: nel senso che l’invalidità sarebbe rimasta attorno al 15% «almeno per un decennio», mentre solo dopo 20 anni sarebbe salita all’80% «invece già attualmente in essere».