Risarcimento Danni Errore Operazione Frenulo

frenulo peneNell’ipotesi in cui il medico chirurgo incorra in errore nell'operazione al Frenulo del pene, è possibile richiedere un risarcimento in relazione ai danni causati ed ottenere una cospicua somma, grazie al sostegno di un Avvocato competente in responsabilità medica.

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Quando si affronta un intervento chirurgico, vi sono sempre dei pensieri, dei timori o almeno delle piccole preoccupazioni che colpiscono il paziente anche laddove si tratti di mero intervento di routine, di un’operazione che i medici sono abituati a svolgere in numero molto elevato e per la quale i rischi operatori, benchè mai nulli, sono estremamente ridotti.

Chiunque preferirebbe non avere mai nulla a che fare con dottori, ospedali e camere operatorie; anche nelle situazioni più semplici c’è sempre un ricovero, l’anestesia e il decorso postoperatorio da sopportare.

Talvolta l’intervento chirurgico può anche rappresentare un sollievo, una liberazione dal dolore che affliggeva il corpo del paziente da tempo e che soltanto il chirurgo è in grado di alleviare.

Tuttavia, come detto, anche le operazioni apparentemente più semplici possono avere delle complicazioni e tramutarsi in un male ancor peggiore di quello che si intendeva eliminare, specie se la chirurgia incide su parti del corpo particolarmente delicate e in grado di creare imbarazzo e disagio nella vita di relazione.

Ciò accade ad esempio quando un uomo è chiamato ad intervenire chirurgicamente sulle proprie parti genitali, intervento che può rivelarsi assai spiacevole se a causa di un errore tecnico del chirurgo residuano delle cicatrici tali da causare, oltre che un danno estetico evidente, anche dei forti dolori durante l’erezione che rendono pressochè impossibile consumare dei rapporti sessuali.

Ad esser colpito non è più soltanto il corpo del paziente, ma anche la sua mente, la sua psiche; basti pensare a un uomo che, non avendo la tranquillità emotiva di chi è già inserito in un contesto famigliare costituito, si trovi a dover approcciare l’altro sesso consapevole dei propri problemi “intimi”. 

Certo, la razionalità e l’intelligenza ci porterebbero ad escludere che ciò possa rappresentare un vero problema per chi sia attento a cose ben più importanti, come l’affinità caratteriale e l’affidabilità del partner, ma sarebbe ipocrita nascondere che, specie in un primo incontro, quando ancora non ci si conosce, la cosa potrebbe rappresentare un motivo di allontanamento dell’altra persona.

Una situazione simile è accaduta ad un ragazzo che si sottoponeva presso l’ospedale locale a intervento di frenulotomia a punti staccati e plastica, al fine di porre rimedio allo stiramento del frenulo corto del pene riportato, che gli cagionava un dolore costante nella consumazione dei rapporti sessuali, con la relativa perdita ematica.

Successivamente a tale intervento, non soltanto la sua situazione clinica non era migliorata, così come il dolore percepito, ma si aggiungeva il danno estetico provocato dagli esiti cicatriziali post intervento e dalla stenosi alla base del glande.

Per tali ragioni, l’uomo, che all’epoca dell’intervento aveva soltanto 33 anni ed era al culmine della sua vita di relazione, promuoveva una domanda di risarcimento nei confronti del medico e della struttura, al fine di veder ristorati oltre ai danni fisici anche quelli psicologici.

Risarcimento danni errore Frenulotomia

anatomia genitali maschioDopo la citazione in giudizio da parte del paziente sia del medico che aveva eseguito l’intervento che della C.D.C.T., ossia la struttura presso cui l’operazione aveva avuto luogo, l’attore evidenziava la negligenza di entrambi i convenuti nell’adempimento della prestazione professionale.

Veniva espletata la necessaria CTU, allo scopo di comprendere quali fossero i reali postumi dell’intervento chirurgico e come il corpo e la mente dell’attore potessero essere stati danneggiati.

Al giudizio si univano altresì, dopo essere state chiamate in causa, le compagnie assicurative rispettivamente della struttura sanitaria e del medico, i quali ne chiedevano l’intervento in virtù delle rispettive polizze assicurative stipulate allo scopo di essere mallevati in caso di riconoscimento di una responsabilità civile.

L’attore chiedeva che nel corso del giudizio fossero accertate la negligenza e l’imperizia dei propri convenuti, in particolare del medico chirurgo, il quale gli aveva causato oltre che un danno fisico, consistente nel mancato miglioramento della situazione clinica nonché nell’insorgenza di forti dolori durante i rapporti sessuali, anche un danno psicologico.

A tal proposito, l’uomo riferiva il totale sconvolgimento della sua vita relazionale e comportamentale e depositava certificati medici che attestavano una sintomatologia depressiva, derivata anche dalla convinzione dell’uomo di non riuscire più ad avere figli.

Le superiori argomentazioni venivano anzitutto contestate dal medico convenuto, il quale in primo luogo si costituiva in giudizio chiedendo di essere autorizzato alla chiamata della sua compagnia assicurativa, nel merito chiedeva il rigetto della domanda attorea poiché infondata in fatto e in diritto.

Egli sosteneva di non avere alcuna responsabilità per le sofferenze e i dolori patiti dall’uomo dopo l’intervento, in quanto tali sintomi preesistevano all’operazione chirurgica e non potevano dirsi da questa causati; insisteva inoltre sulla totale assenza di prove circa il nesso causale che avrebbe legato l’intervento alle patologie lamentate e ai danni di cui si chiedeva il ristoro.

Infine, devono essere riportate le posizioni assunte in corso di causa dalle due compagnie assicurative, del medico e della struttura sanitaria, le quali, senza novità, sostenevano in primis l’insussistenza di responsabilità ciascuna della propria reciproca parte contrattuale, in secundis l’inapplicabilità del contratto assicurativo al caso di specie.

Per ciò che concerne l’assicurazione stipulata dalla struttura, deve essere rilevato che questa prevedeva una franchigia di euro 15.000,00, prontamente ricordata dalla compagnia negli scritti difensivi, la quale sosteneva altresì di non dovere alcunchè in quanto la polizza era stata stipulata a copertura dei danni cagionato dal solo personale dipendente.

Accoglimento della domanda di risarcimento

Dopo aver ricostruito le cadenze fenomeniche della vicenda per come emerse nel corso dell’istruttoria processuale, il Giudice ha effettuato delle considerazioni giuridiche che hanno condotto all’accoglimento di gran parte delle istanze dell’attore, con riconoscimento di una responsabilità giuridica dei convenuti e condanna parziale delle compagnie assicurative.

Come spesso accade ogniqualvolta si tratti di decidere in merito a un caso di responsabilità medica, è opportuno premettere, viste le passate divergenze sulla qualificazione di tale responsabilità, quali siano le fonti normative che verranno adottate come faro guida per la decisione.

Il Tribunale di Salerno non ha fatto eccezione, affermando dapprima, come da consolidata giurisprudenza, la responsabilità contrattuale della struttura di cui il medico, anche non dipendente, si avvale per l’esecuzione di interventi chirurgici. La base normativa di tale responsabilità è stata rintracciata negli articoli 1218 e 1228 c.c.: il primo statuisce che il debitore che non esegue esattamente la prestazione concordata è tenuto al risarcimento del danno se non prova che il ritardo o l’inadempimento siano dovuti a causa a lui non imputabile, il secondo dispone che il debitore che per l’adempimento si avvale dell’opera di terzi risponde anche per i danni dolosi o colposi da questi provocati.

La superiore disciplina risulta applicabile in virtù del rapporto negoziale che si instaura tra struttura sanitaria e paziente allorquando quest’ultimo decida di sottoporsi a ricovero, definito contratto atipico di spedalità, ossia un contratto in cui la struttura si impegna, oltre che ad accettare il ricovero e gli obblighi che ne conseguono, a mettere a disposizione la strumentazione necessaria per le terapie e cure del paziente, siano esse chirurgiche o meno.

Diverso è invece il caso della responsabilità del medico.

Egli infatti risponderà in virtù della sua obbligazione professionale di cui agli articoli 1176 2°comma e 2236 cc, che impongono al medico una diligenza qualificata ogniqualvolta accetti di fornire una prestazione professionale, limitando la responsabilità solo ai casi di dolo o colpa grave.

Il Tribunale ompetente ha aderito al prevalente orientamento giurisprudenziale (tra le altre Cass. Civ. n. 589/1999 e Cass. Civ. 12362/2006, nonché Cass.civ. n. 4030/2013) che qualifica anche la responsabilità del medico come responsabilità di natura contrattuale da contatto sociale. Ne discendono tutte le relative conseguenze anche in termini giuridici, come ad esempio la prescrizione decennale e non quinquennale del diritto e l’onere a carico del danneggiato di provare la fonte negoziale del suo diritto, nonché l’inadempimento del dottore.

Ciò detto, si è posto un dubbio: se l’art. 2236 cc limita la responsabilità del professionista, qualunque natura le si riconosca, ai casi di dolo o colpa grave, può il medico essere chiamato a risarcire un danno cagionato per colpa lieve, ossia per violazione della diligenza media?

Il Tribunale ha dato una risposta affermativa, sottolineando che le limitazioni di cui all’art. 2236 c.c. operano solo in caso di interventi di particolare complessità tecnica e per procedure non sufficientemente studiate dalla scienza medica e non anche per interventi ormai consolidati dalla prassi.

Per completezza espositiva, il giudice ha poi richiamato anche il “nuovo” decreto Balduzzi, art. 3 l. 189/2012, il quale prevede che l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, della quale però continuerà a rispondere in sede civile.

Alla luce di ciò, effettuate le opportune osservazioni giuridiche per l’inquadramento della responsabilità medica, il giudice ha poi analizzato il caso concreto, individuando una responsabilità colposa del medico che aveva eseguito l’intervento per i profili di negligenza emersi dalla CTU.

Nello specifico, pur essendo stata la scelta di intervenire chirurgicamente corretta e giustificata, si è evidenziato un difetto di tecnica imputabile al solo convenuto, che aveva provocato la ferita post operatoria e il perdurare della sintomatologia dolorifica. A ciò si aggiungeva un’ulteriore responsabilità per omessa assistenza, attesa l’assenza di consenso informato e di spiegazioni date al paziente in ordine alle possibili conseguenze dell’intervento.

Il giudice pertanto, escluso il risarcimento del danno psichico per uno stato depressivo non adeguatamente provato, ha condannato il medico e la struttura al pagamento in favore dell’attore per danno biologico e per danni patrimoniali.

L’assicurazione della struttura sanitaria è stata sollevata dall’obbligo di malleva, stante la franchigia, mentre è stata condannata la pagamento la compagnia assicurativa del medico.

Un famosa Operazione al pene

Quando si parla di operazioni al pene mal riuscite si deve necessariamente citare la sventura di un uomo di Birmingham, in Alabama, che potremmo definire una vera e propria vicenda tragicomica.

Un intervento di routine, la circoncisione, da eseguirsi presso il Princeton BaptistMedical Center ove l’uomo si recava con la moglie in assoluta tranquillità, se non che al risveglio interveniva l’amara scoperta: il chirurgo non aveva proceduto a circoncidere ma ad una vera e propria amputazione.

Una situazione assurda, frutto di un errore ancor più assurdo che ha compromesso definitivamente la vita sessuale dell’uomo e della moglie, per il quale è ancora in corso una causa risarcitoria che ovviamente il paziente mutilato ha sporto nei confronti dello scellerato medico.