Depressione da perdita del proprio figlio

Ci sono malattie che non lasciano segni sul corpo, per le quali non si vedono lividi o ferite, eppure ci sono, ci accompagnano giorno dopo giorno senza darci tregua e a volte non si palesano nemmeno a coloro a cui vogliamo bene, che non si accorgono di quanto sta accadendo e ad un certo punto smettono semplicemente di comprenderci, di capire il nostro comportamento, i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti.

La più insidiosa di queste malattie è senza dubbio la depressione.

Si tratta di una delle patologie più frequenti, tanto che circa il 15% della popolazione ne è colpita e grava non soltanto sulla persona che ne è affetta, ma inevitabilmente anche su coloro che le stanno vicino.

Essa comporta un carico di sofferenza che è la causa del 60% dei suicidi e colpisce non soltanto il pensiero, ma tutto l’individuo, ogni aspetto della sua personalità, dalla sua volontà al suo umore; diventa difficile per chi è depresso anche alzarsi dal letto, compiere le più sciocche quanto più importanti attività quotidiane.

È un carico pesante che non se ne va e con il quale si è costretti a vivere, fingendo alle volte che non ci sia.

Ma non sempre si riesce con facilità.

Il disturbo depressivo può comparire ad ogni età, di media effettua la sua prima comparsa intorno ai 25 anni, con un’incidenza quasi doppia nelle donne rispetto agli uomini; senza un adeguato intervento medico e psicologico potrebbe protrarsi per mesi o addirittura anni, mentre è dimostrato che con la giusta cura farmacologica circa l’80% delle persone assiste ad una remissione pressochè completa dei sintomi associati a questo tipo di disturbo.

Chi soffre di depressione presenta spesso una stanchezza cronica, dei malesseri fisici, apatia, calo del desiderio nonché una spiccata irritabilità e il problema è aggravato anche dall’utilizzo di psicofarmaci che se non correttamente assunti e prescritti possono aggravare la tendenza vegetativa di chi è colpito dal male oscuro.

Eventi traumatici gravi

È possibili che la comparsa di una sintomatologia ricollegabile alla depressione faccia la propria comparsa in seguito ad un evento traumatico che colpisce la vita di una persona.

Un esempio di ciò è rappresentato dalla storia di cui si è occupato il Tribunale di Monza (Trib. Monza, Sez. I, Sentenza 10-04-2012, R.G. 5813/2010), che ha visto protagonista una donna colpita da depressione successivamente alla perdita del proprio bambino, che sarebbe dovuto nascere qualche anno prima se, purtroppo, un errore medico non avesse determinato delle complicazioni nel parto e il successivo decesso del nascituro.

Da un errore medico, come in un effetto domino, sono molteplici le conseguenze che possono derivare e molteplici i danni alla salute che vengono provocati.

Può accadere dunque che tale disturbo non insorga spontaneamente, ma abbia una genesi ben nota da collegarsi ad un particolare evento traumatico; in questo caso la persona deve confrontarsi con un accadimento talmente forte sotto il profilo emotivo da rimanerne segnata. Ovviamente può trattarsi di qualunque tipo di evento e non soltanto quello sopra richiamato della morte del proprio figlio, basti pensare anche a violenze sessuali, aggressioni subìte, malattie gravi o incidenti.

Anche in questa ipotesi, oltre ai sintomi tipici del disturbo post traumatico da stress, appaiono apatia, irritabilità e un certo distacco dalla realtà quotidiana.

L’insorgenza di tutto ciò non è poi sempre immediatamente successiva al fatto da un punto di vista cronologico, ma può anche intervenire a distanza di mesi dall’evento traumatico.

Terapia cognitivo comportamentale

Uno degli interventi terapeutici più efficaci per combattere la depressione è senz’altro costituito dalla terapia cognitivo comportamentale. Si cerca di modificare i comportamenti negativi, i pensieri autodistruttivi e l’ipercriticismo verso se stessi; in questo modo si cerca quantomeno di rendere la quotidianità più equilibrata e talvolta si riescono anche ad allontanare pian piano i sintomi del disturbo depressivo.

A volte però ciò non è sufficiente a tenere sotto controllo il disturbo e si rende necessario intervenire in modo più invasivo, facendo ricorso alla terapia farmacologica. In questo caso ci si affida agli antidepressivi, quali triciclici, agonisti del sistema noradrenergico o ancora donatori di gruppi metilici.

Il rischio tuttavia è quello di non poterne più fare a meno, ricadendo in un baratro profondo ogniqualvolta si cessi o diminuisca l’assunzione dei farmaci.

Rapporti personali e Allontanamento

La depressione è una malattia subdola, che mina pian piano i rapporti con le persone che ci sono vicine fino a farle allontanare, sino a quando diveniamo insopportabili ai loro occhi e incapaci di dare una svolta alla nostra esistenza.

Le responsabilità non sono riconducibili soltanto a chi sta male, ma spesso sono addebitabili a coloro che, a volte non per loro colpa, non riescono a percepire i sintomi di una malattia, ma riescono soltanto a vedere aspetti caratteriali che non sono più in grado di gestire, con i quali non è più possibile trovare un giusto approccio.

I sintomi della sindrome depressiva sono facilmente confondibili e ingenerano confusione.

Questo perché la perenne stanchezza, l’apatia, la costante voglia di non fare nulla, l’ipercriticità e l’aggressività possono essere ricondotte a un cambiamento della persona che si ama. Spesso ingenerano la rabbia di chi ci è vicino, che vorrebbe che ci svegliassimo, che ci scuotessimo.

Eppure non è così semplice, anzi, gli attacchi e le critiche dei nostri cari ci colpevolizzano ancor di più, facendoci sprofondare in un burrone sempre più profondo.

L’equilibrio si spezza poiché si tratta del classico cane che si morde la coda: più siamo depressi più risultiamo intrattabili agli occhi di chi ci circonda più queste persone faticheranno a capire il perché dei nostri atteggiamenti.

Probabilmente nulla si può fare dinanzi ad una persona depressa. Non saranno frasi fatte sulla bellezza della vita e sulle cose belle delle quali si dovrebbe gioire a far sparire la malattia.

La sola strada, anche se spesso non sufficiente, resta la comprensione.

Livelli biochimici di seratonina e dopamina

Volendo essere squisitamente tecnici, dobbiamo affermare che la causa scatenante della depressione è da ricercarsi in un cambiamento nelle tre sostanze biochimiche del cervello che controllano diverse funzioni fisiche, ossia la serotonina, la noradrenalina e la dopamina.

Ogniqualvolta si determini uno squilibrio di tali sostanze c’è il rischio di insorgenza di una sindrome depressiva, tanto che il trattamento farmacologico di tale patologia ha proprio lo scopo di riequilibrare la presenza di tali sostanze e riportarla a livelli definibili normali.

Non sempre la depressione di manifesta per un motivo specifico, talvolta infatti essa insorge senza che vi siano apparentemente delle motivazioni.

Va però detto che nel tempo, mediante lo studio delle persone che si sono ammalate di tale disturbo, si sono evidenziati dei fattori di rischio che evidentemente hanno una qualche incidenza sullo sviluppo della patologia.

Anzitutto i fattori genetici. È possibile che diverse persone della famiglia vengano colpite da depressione, anche se non esiste un collegamento diretto e necessario e, laddove si dovessero avere dei parenti che hanno avuto a che fare con tale incubo buio, non è detto che ci si ammali necessariamente.

In secondo luogo, rilevano i fattori sociali e ambientali, che possono determinare una particolare pressione psicologico, un alto livello di frustrazione, di stress, di competitività, fino a far sì che si sviluppino i sintomi tipici della sindrome depressiva.

Altre volte invece è un singolo episodio a scatenare il disturbo: può trattarsi di un lutto, di una separazione, di uno shock emotivo o di qualunque altro evento idoneo a provocare un trauma o un turbamento improvviso.

È evidente che la società in cui viviamo, con i suoi ritmi, gli elevati standard che si richiedono, quali ad esempio essere competenti, colti, belli, in forma e persone di successo, non può che portare ad un inevitabile senso di inadeguatezza, che pian piano può logorare anche gli animi più forti.

Risarcimento danni morali da depressione

La presenza di una sindrome depressiva può essere causata, come detto, da un evento traumatico. Ancor peggio se tale evento traumatico consiste nella dolorosa perdita di un figlio cagionata da un errore medico durante il parto.

In questo caso è evidente che i diretti interessati debbano agire per ottenere un risarcimento, per fare in modo che giustizia sia fatta e che i diretti responsabili siano condannati a ristorare il nocumento arrecato.

Certo si tratta solo di denaro, non fa tornare il tempo indietro, non riporta ciò che si è perso, ma è comunque un piccolo passo.

Dei danni causati sono responsabili contrattualmente il medico che ha errato nello svolgimento della prestazione, nonché la struttura sanitaria presso cui il dottore opera.

Il primo risponde ai sensi degli articoli 1176 secondo comma e 2236 c.c., che gli impongono di adempiere correttamente, con la diligenza del professionista, la propria obbligazione professionale; la seconda risponde ai sensi degli articoli 1218 1228 c.c., che impongono di risarcire il danno causato da un inadempimento contrattuale o causato dai terzi della cui opera ci si avvale per l’adempimento della prestazione.

I danneggiati dovranno provare dinanzi al giudice la fonte negoziale del diritto e tutti i danni che hanno subìto, mentre spetterà al danneggiante dare prova di aver correttamente eseguito quanto gli veniva richiesto. Nel caso in cui dall’evento sia scaturita una sindrome depressiva, il paziente dovrà fornire al giudice tutta la documentazione medica che attesta tale patologia, ivi compresi gli scontrini relativi all’acquisto di medicine.

Solo così sarà possibile quantificare correttamente sia il danno patrimoniale che quello non patrimoniale.