Il Danno da contagio Epatite C | HCV
L'epatite è una patologia causata dal virus HCV - Epatite C che una volta contratta è estremamente difficile da diagnosticare in quanto può rimanere anche per lunghissimi anni latente.
È una patologia che riguarda l'apparato epatico e compromette notevolmente la qualità della vita del contagiato che ne vengono affette perché colpisce il fegato provocando malattie anche molto gravi come la cirrosi epatica ed in alcuni casi anche il cancro.
È un'infezione dall'apparenza innocua a lungo latenza in quanto quasi totalmente priva di segnali e con un periodo medio lungo di incubazione fino a quando non si manifestato i sintomi dopo molti anni dal contagio, sintomi anche molto gravi che richiedono l'intervento clinico.
Il virus da epatite è dunque insidioso in quanto a volte passano anche 30 anni dal contagio senza che il malcapitato se ne renda conto fino a quando non provoca conseguenze tali da richiedere l'intervento di un medico e delle visite specialistiche in grado di diagnosticare la malattia e capirne l'origine.
La Trasfusione di Sangue Sbagliata
Una volta scoperta, scatta la ricerca della causa e dell'evento che ne ha provocato il contagio ematico (quasi sempre da trasfusione di sangue) in quanto è un virus che si trasmette solo in determinate circostanze che sicuramente hanno segnato la vita del contagiato.
Una presa di coscienza che porta indietro nel tempo, a scavare nel passato soprattutto clinico dell'infetto per cercare di comprendere il momento in cui sarebbe potuto avvenire il contagio con questo virus silente.
Ha così inizio la lotta non solo curativa contro le gravi malattie causate dal virus, ma anche di diritto per cercare di capire dove ed in quale occasione si è verificato il contagio via sangue.
Talvolta può capitare di contrarre il virus e sconfiggerlo con il proprio sistema immunitario senza perciò venire mai a conoscenza dell'infezione ma, nella maggior parte dei casi la malattia diventa cronica cagionando seri danni alla salute del paziente.
Come e dove si contrae il virus HCV
Il contagio dell'infezione avviene esclusivamente mediante il contatto con il sangue infetto.
Pertanto, i luoghi in cui si è maggiormente esposti al rischio del contagio dell'Epatite C virus HCV sono sicuramente quelli legati all'ambiente sanitario ed ospedali in quanto l'infezione si trasmette oltre che con le trasfusioni di sangue, anche con il contatto con bisturi o attrezzatura medica infetta e non adeguatamente sterilizzata che viene adoperata su un paziente sano.
Ospedali, cliniche pubbliche e private, ambulatori medici ove si utilizzano dei bisturi sono pertanto ambienti considerati altamente rischiosi per il contagio.
Le occasioni più a rischio riguardano le trasfusioni di sangue ed i trapianti di organi ma anche un banale intervento chirurgico in cui si adoperano utensili sporchi di sangue infetto può provocare il contagio.
Piercing e Tatuaggi
Tuttavia bisognerebbe prestare attenzione anche alle pratiche adottate per piercing e tatuaggi in quanto vengono adoperati degli strumenti potenzialmente pericolosi se non sterilizzati o igienizzati così come centri estetici e simili in cui si utilizzano aghi, rasoi ed altri bisturi.
Purtroppo un numero elevato di casi si registra anche tra i tossicodipendenti dato l'uso quotidiano di siringhe non propriamente sterili nell'iniezione di droghe per via endovenosa. Un numero limitato di casi riguarda anche la trasmissione ereditaria e quindi il virus si trasmette da mamma a bambino.
Il contagio in Ospedale
Ad ogni modo, la contrazione dell'epatite c come conseguenza di un comportamento errato posto in essere da medici ed operatori sanitari, è sicuramente la problematica più diffusa nelle strutture ospedaliere che molto spesso sfocia nella volontà di ricercare il soggetto responsabile, oltre che nella primaria esigenza di curarsi ed alleviare le conseguenze della malattia maldestramente contratta.
Vero è che dagli anni 2000 (a differenza del trentennio precedente) i danni da emotrasfusione si sono fortunatamente verificati raramente, ma ciò non toglie che specie all'interno delle strutture sanitarie, seppure in numero molto marginale rispetto al passato, si verificano tutt'oggi contagi di virus HCV causati da errate pratiche mediche.
La responsabilità del Ministero della salute
Il danno da sangue infetto conseguente ad infezione da HCV, cagionando un pregiudizio alla vita del paziente, fonda la legittima pretesa del danneggiato a richiedere un giusto risarcimento verso tre soggetti differenti: la struttura sanitaria, i medici coinvolti e, in taluni casi, anche il Ministero della Salute.
In tali casi l’azione risarcitoria viene indirizzata al Ministero della Salute che viene ritenuto responsabile per la violazione dei doveri di sorveglianza e controllo in quanto dicastero con obbligo di sicurezza nell’attività di raccolta e distribuzione del sangue e prevenzione dei rischi.
La responsabilità della struttura sanitaria e del medico
Ad ogni modo, quando un paziente ritiene di aver contratto il virus HCV in conseguenza di un fatto ben specifico e circostanziato, per esempio in occasione di un intervento chirurgico, allora può rilevare la responsabilità del medico e della struttura sanitaria ove l’evento si è verificato.
La materia è regolata dalla Legge 8 marzo 2017 n. 24 recante "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie", chiamata anche Legge Gelli-Bianco, che contiene disposizioni che attengono tanto alla responsabilità civile che penale in ambito medico.
In particolare per ciò che attiene l’ambito civilistico fornisce una risposta alla dibattuta questione della natura della responsabilità di medici e strutture sanitarie prevendo che: la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata risponde dei fatti illeciti in essa compiuti a titolo di responsabilità contrattuale mentre l’esercente la professione sanitaria risponde a titolo di responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 del Codice Civile.
Azione di Risarcimento del Danno
Il paziente a cui è stata diagnostica l’epatite c può avviare l’azione risarcitoria per il danno subìto per il tramite del proprio Avvocato di Fiducia Specializzato in responsabilità medica da contagio, previo espletamento delle procedure alternative al giudizio, con un atto di citazione presso il competente Tribunale chiamando in causa i responsabili della pratica errata che ha portato al contagio del virus: struttura sanitaria dove si è verificato l’evento e medici/personale sanitario intervenuti nella specifica circostanzai quali sono chiamati in litisconsorzio necessario.
L’azione civile è finalizzata a richiedere un adeguato risarcimento del pregiudizio cagionato per la contrazione del virus HCV dovuto alla condotta imperita e negligente dei soggetti ritenuti responsabili che hanno posto il paziente in contatto con il sangue infetto ad esempio in occasione di un intervento chirurgico, una trasfusione, una medicazione.
Tuttavia, prima di inoltrare la propria richiesta risarcitoria al Giudice Civile il nostro ordinamento mette a disposizione ed anzi obbliga l’esperimento di procedure alternative al giudizio, quindi la definizione stragiudiziale della controversia al fine di favorire la conciliazione in via bonaria.
Infatti, occorrepreliminarmente proporre ricorso articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente ovvero di un ricorso per l'espletamento di una consulenza tecnica preventiva (ATP). In alternativa deve esperire il procedimento di mediazione, avendo premura di rivolgersi alla compagnia assicurativa della struttura sanitaria dove si è verificato il contagio e del medico che ha in concreto operato.
Termine di prescrizione
È opportuno precisare che la natura extracontrattuale della responsabilità del medico comporta che l’avvocato debba esercitare la sua azione nei confronti del responsabile entro cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato o da quello in cui si è conosciuto di essere positivi al virus.
Mentre la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria comporta l’applicazione del termine di prescrizione ordinario dell’azione risarcitoria, ovvero dieci anni.
Tuttavia, per potersi rivolgere ad un giudice e veder condannati i presunti responsabili per la loro errata condotta professionale, il paziente è tenuto ad un diverso onere della prova a seconda che agisca nei confronti della struttura ospedaliera o nei confronti del medico.
Se, infatti, il paziente infetto cita in giudizio solo la struttura sanitaria egli dovrà semplicemente dare dimostrazione del contratto di spedalità, quindi di essere stato ricoverato in quella struttura nonché dell’evento che si presume essere stato causa dell’infezione contratta durante quel periodo di degenza.
E’comunque opportuno allegare la cartella clinica per dare dimostrazione di quanto effettivamente accaduto durante il periodo di spedalità e tutta la documentazione medica di cui si dispone.
Se si agisce, invece, solo nei confronti del medico il paziente è gravato di onere della prova ben più complesso in quanto è tenuto a dare dimostrazione del danno subito e del nesso di causalità tra l’evento e la condotta del medico, nonché è tenuto a dimostrare la colpa o il dolo del sanitario e quindi l’inosservanza delle Linee Guida che invece avrebbe dovuto osservare per evitare il contagio con il sangue infetto.
La Legge Gelli Bianco prevede poi, che in fase decisionale, il Giudice valuti il grado di mancanza osservanza della condotta dell'esercente la professione sanitaria alle linee guida ed alle buone pratiche mediche richieste in quella circostanza in cui, invece, si è verificato il contagio.
Precedente Casistica Giurisprudenziale
Tra le richieste di risarcimento più note e complesse si ricorda la storica pronuncia della Corte Europea dei diritti umaniemessa nel 2016 che ha condannato l’Italia a risarcire con oltre 10 milioni di euro 350 cittadini italiani infettati da virus HIV e HCV infettati a seguito delle trasfusioni di sangue eseguiti dagli anni Settanta agli anni Novanta.
A parere della Corte l’Italia si sarebbe resa colpevole di aver violato alcuni fondamentali articoli della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riguardanti il diritto alla vita (artt. 2) nonché il diritto ad un equo processo e ad un effettivo risarcimento.
Con sentenza del 2008 il Tribunale di Palermo ha condannato il Ministero della Salute per omessa vigilanza e controllo del sangue al risarcimento del danno da emotrasfusione ad un paziente affetto da una grave patologia celebrale che era stato sottoposto ad una trasfusione di sangue rimanendo contagiato dal virus HCV.
Il Ministero è stato condannato a risarcire la somma di Euro 238 mila più interessi ai familiari del paziente nel frattempo deceduto.
Ed ancora, la Cassazione Civilecon sentenza del 2015 ha condannato il Ministero della Salute a risarcire un’ingente somma, oltre 500 mila euro, ad un uomo che nel 1986 aveva contrato l’epatite c a seguito dei una trasfusione di sangue riconoscendogli non solo i danni biologici ma anche 50 mila euro di danno morali.
In tale pronuncia la Corte ha ritenuto che il termine di prescrizione non decorresse dalla data di conoscenza del contagio, avvenuta nel 1989, ma dal momento in cui il virus aveva cominciato a manifestarsi causando gravi danni al fegato del paziente.